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I diritti universali dell’uomo: una breve storia

Ogni uomo, a prescindere da sesso, età, religione, estrazione sociale ha da dei diritti, che gli sono propri in quanto essere umano. I diritti universali dell’uomo sono stati dichiarati dalla prima Dichiarazione del 1948. Soprattutto nel primo mondo, dove viviamo, questi diritti sono in larga parte garantiti. Non è sempre stato così; nel corso del ‘900, ma anche di questi primi anni del XXI secolo, sono state molte le dichiarazioni ed i trattati che hanno riconosciuto diritti per molto tempo considerati privilegi, e che hanno permesso di fare un grande salto in avanti nella loro tutela.

10 Dicembre 1948: L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò la Dichiarazione Universale dei diritti umani

Il mondo stava uscendo dalla Seconda Guerra mondiale; indicibili violazioni dei diritti umani erano state perpetrate da tutte le parti in campo. Per creare un mondo nuovo, serviva un documento che proteggesse i fondamentali diritti universali dell’uomo. Questo documento, che rappresenta il fondamento della tutela dei diritti umani nel mondo, fu firmato da 48 dei 58 paesi membri dell’ONU al tempo, e sancisce e protegge i più importanti diritti di ogni essere umano: il diritto all’uguaglianza, alla non discriminazione, alla vita.

1966: Patto Internazionale sui Diritti civili e politici; Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali

Questi documenti elencano e si impegnano a proteggere più nel dettaglio i diritti umani. Il Patto Internazionale sui Diritti civili e politi, tra gli altri, riconosce il diritto a non essere discriminati in base al proprio genere, a non essere posti in schiavitù, all’uguaglianza davanti alla legge, il divieto al matrimonio forzato, così come la protezione di bambini e bambine senza alcuna discriminazione.
Il Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, invece, ribadisce che il matrimonio ha valore solo se consensuale, che le donne hanno diritto ad una protezione particolare durante la gestazione e dopo il parto; riconosce il diritto al cibo, ad uno stile di vita dignitoso, alla salute e all’istruzione. Quasi tutti gli stati africani, compreso il Kenya in cui operiamo, hanno firmato e ratificato entrambi i Patti. Ma alcune convenzioni vanno più nel dettaglio e si concentrano su alcuni diritti, o su alcune categorie sociali. Ad esempio:

1979: Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna.

In questa Convenzione si ribadisce come ogni discriminazione contro le donne che impedisce una vera parità ed il godimento dei diritti civili ed economici debba essere eliminata da tutti gli stati firmatari. Stabilisce inoltre un programma di azione per porre fine alla discriminazione basata sul sesso: gli Stati sono tenuti a sancire la parità di genere nella loro legislazione nazionale, ad abrogare tutte le disposizioni discriminatorie nelle loro leggi e ad emanare nuove disposizioni per contrastare la discriminazione delle donne. Anche in questo caso, quasi tutti gli stati africani hanno ratificato la convenzione.

1989: Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

Questa Convenzione fu ratificata da tutti i Paesi, tranne gli Stati Uniti.

I bambini e le bambine vengono riconosciuti come individui che necessitano di una protezione particolare da parte dei governi. E vengono riconosciuti diritti specifici per la loro età: non solo il diritto alla scuola, ma anche di opinione, espressione ed informazione, il diritto a crescere in un ambiente salubre e confortevole, fin anche al diritto al gioco ed al tempo libero.

1981: gli Stati membri dell’Unione Africana approvarono la Carta Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli

Qui ribadiscono i diritti appena esposti, e riconoscono che è compito dei governi eliminare qualsiasi discriminazione contro la donna e di assicurare la protezione dei diritti della donna e del bambino. Nel 1990 venne approvata la Carta Africana dei diritti e benessere dell’infanzia, in cui si riconoscono diritti e forme di protezioni speciali dedicati a bambini e bambine. E così abbiamo altre Convenzioni ed altri trattati; tra tutti, il Protocollo alla Carta Africana dei diritti umani e dei popoli sui diritti delle donne in Africa, firmato nel 2003, oppure il Kenya’s Children Act del 2001.

I diritti universali dell’uomo

Insomma, norme, regole, trattati che riconoscono i diritti umani e che soprattutto impegnano gli stati membri a difenderli. Sembrerebbe la premessa perfetta per una vittoria su tutta la linea, per un mondo che davvero difende i diritti di tutti. Non è così, la realtà è ben diversa. Se nel mondo occidentale molti dei diritti che le Convenzioni riconoscono sembrano ormai scontati, nelle baraccopoli (gli Slum) delle grandi metropoli africane è ben diverso. Da 14 anni operiamo in Kenya nelle baraccopoli di Nairobi, e lo sappiamo bene.

Ma quali sono i diritti universali dell’uomo negati negli SLUM?

Il diritto ad un alloggio adeguato:

La maggior parte degli abitanti di Nairobi vive in alloggi informali negli slum, circa 2 milioni di persone che occupano soltanto l’1% dell’intero territorio della città. Vivere nelle baraccopoli significa abitare in baracche di lamiera o muratura da 10-12 mq senza regolare accesso alla rete idrica, elettrica, fognaria, né altri servizi pubblici fondamentali. ll problema nasce innanzitutto dal fatto che gli slum si trovano su suolo pubblico e privato, sia di individui che del Governo. L’incertezza della proprietà della terra, e la complessità della normativa nazionale a riguardo, fanno sì che frequentemente si verifichino sfratti di massa da parte del governo, delle imprese o di chiunque reclami la sua proprietà sul lotto di terra dove vivono decine, centinaia di famiglie che pagano il canone d’affitto per abitare nelle baracche. Insomma, il diritto alla casa non è rispettato

Il diritto a vivere in un ambiente sano:

Il sistema fognario di Nairobi è di scarsa qualità, così come quello per lo smaltimento dei rifiuti. Eppure, nemmeno questi sistemi sono disponibili per gli abitanti delle baraccopoli, dove i residenti cercano di arrangiarsi costruendo sistemi di tubazione manuali per lo scarico dei rifiuti umani e domestici. Le fognature però sono frequentemente in contatto con le tubature dell’acqua, contaminandola, a causa della mancanza di servizi igienici privati e ben isolati. La maggior parte dei residenti negli slum condivide latrine a cielo aperto con altre decine di famiglie, sebbene i locatori abbiano l’obbligo di provvedere alla costruzione di lotti abitativi dotati di bagni adeguati. Ciò si lega anche e soprattutto alla mancanza di rete idrica regolare nella baraccopoli. Soltanto il 24% dei residenti ha accesso all’acqua potabile.

Il diritto alla salute:

L’assistenza sanitaria di qualità è un lusso per chi vive negli slum, perché gli ospedali, le cliniche, le strutture preposte a garantire cure mediche alle persone sono poche, scarsamente equipaggiate, e incapaci di rispondere ai bisogni di una comunità i cui problemi medico-sanitari sono spesso gravissimi. La condizione di precarietà abitativa e di informalità delle baraccopoli è il primo fattore che influenza la mancanza di strutture sanitarie: il governo non investe in queste aree perché non vengono considerate parte della città, e così i residenti sono costretti a rivolgersi alle strutture pubbliche improvvisate, inadatte a prestare soccorso, perché impossibilitati a recarsi nelle strutture private della città che richiedono tariffe altissime per i ricoveri. Chi vive in queste zone soffre delle malattie che proliferano nelle aree caratterizzate da estrema povertà: polmoniti, malattie diarroiche, HIV, tubercolosi, sia tra gli adulti che tra i bambini.

Il diritto all’istruzione:

Nonostante il lancio dell’iniziativa «Free Primary Education» nel 2003 per garantire l’accesso gratuito all’educazione primaria, i bambini degli slum hanno ancora poche possibilità di ricevere un’istruzione adeguata e di qualità: Unicef ha rilevato che 6 bambini su 10 sono esclusi dal sistema educativo perché provengono da famiglie troppo povere per permettersi il pagamento delle spese «collaterali» all’iscrizione scolastica, banalmente quelle per i libri, le uniformi, il cibo. Le famiglie devono scegliere quale dei figli mandare a scuola, lasciando gli altri a casa o peggio mandandoli a lavorare.

I diritti universali dell’uomo e della donna

Negli slum, le donne sono la categoria più oppressa e i cui diritti vengono maggiormente ignorati. Per le migliaia di donne che vivono e lavorano negli slum, l’estrema povertà è contemporaneamente causa e conseguenza della violenza che subiscono. Le donne delle baraccopoli sono tra le categorie più sfruttate, maltrattate e abusate dell’intera popolazione africana, e la violenza che subiscono le trascina ancor più in basso nella spirale di povertà in cui si trovano. La povertà e la mancanza di diritti umani impediscono alle donne di trovare nuove opportunità e migliorare la propria vita. La prima forma di violenza che le donne sperimentano e subiscono è quella domestica, perpetrata dal marito, dal padre o da un parente. Il tasso di violenza domestica in Kenya è preoccupante, con circa 1 donna su 4 che ha subito esperienze violente nella propria vita; il 40% ha subito violenza fisica ed il 16% ha subito violenza sessuale. Questi numeri si aggravano se da un contesto di normalità socio-economica scendiamo alla realtà sociale più dura, come quella delle baraccopoli, dove povertà estrema, mancanza di mezzi di sussistenza e disperazione rendono quasi normale la violenza domestica, spesso condonata dalla comunità. Le donne, più che gli uomini, soffrono le conseguenze della mancanza di servizi igienici adeguati, perché vengono esposte a rischi legati alla mancanza di privacy ed intimità nei momenti in cui sono più «esposte», anche fisicamente. Essendo poi le responsabili della cura dei bambini, sono insieme ad essi la categoria più vulnerabile dal punto di vista sanitario.

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